Salute e benessere sul lavoro:
una responsabilità condivisa
In un contesto in cui la crisi sanitaria e il lavoro a distanza hanno cambiato profondamente l'organizzazione del lavoro, il tema del benessere aziendale – e del ruolo delle organizzazioni per garantirlo – è più centrale che mai. Ma sono solo le aziende a doversene occupare? La risposta è no. La costruzione del benessere sul lavoro è un processo condiviso, che coinvolge anche il management e gli stessi dipendenti. Vediamo come!
Azienda, manager e dipendenti, tocca a voi!
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Senso di solitudine, capacità di bilanciare lavoro e vita privata, difficoltà nell’adattarsi alle condizioni di lavoro da remoto, stress,preoccupazioni per il futuro: il recente studio diGoodHabitze della francese Féfaur dimostra che l’impatto della pandemia e dello smart working sul benessere dei dipendenti e sulla loro salute mentaleè stato consistente. E non solo: sebbene in Italia la pandemia abbia portato a una notevole crescita nella flessibilità e nella libertà di usufruire del lavoro agile, secondo unaricerca italianacommissionata da LinkedIn il lavoro da remoto ha avuto anche delle ripercussioni negative sullo stress(46% del campione)esulla concentrazione, sul sonno e sulla salute mentale in generale (18%). Oltrea provocare un aumento del carico di lavoro, che ha riguardato quasi metà degli intervistati (48%) e, in alcuni casi, la paura di perdere il posto di lavoro (16%).
Alla luce di questi dati, occuparsi della salute psicofisica dei dipendenti sembra più urgente che mai. E questo anche in virtù del fatto che prendersi cura del benessere dei propri collaboratori ha effetti molto positivi sul loro rendimento. Basti pensare che, secondo uno studio di MIT e Harvard, quando i dipendenti sono felici la loro produttività aumenta del 31% e la creatività del 55%. Inoltre, questi sono meno soggetti ad ammalarsi e assentarsi.
Ma a cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di benessere lavorativo? E chi ne è responsabile?
Il benessere sul lavoro è anche uno stato d’animo
La salute e il benessere fisico e mentale dei lavoratori è un tema centrale, specie a seguito della pandemia da Covid-19. A questo proposito, la maggior parte delle aziende si sono adoperate per mettere in piedi attività e iniziative di vario genere volte a promuovere un ambiente professionale sano e positivo, come aree relax, attività di team building – sia online che, quando possibile, offline – o la creazione di ruoli come quello del Chief Happiness Officer, che si occupa proprio di garantire il benessere dei colleghi. Tuttavia, la felicità sul lavoro è un concetto complesso e sarebbe semplicistico limitarlo alle azioni intraprese dall'azienda.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “si definisce luogo di lavoro sano quello in cui lavoratori e dirigenti, sulla base dei bisogni evidenziati, collaborano attivamente nell’ambito di un processo di continuo miglioramento per tutelare e promuovere la salute, la sicurezza e il benessere di tutti i lavoratori nonché la sostenibilità dell’azienda”. L’OMS, inoltre, specifica chenella valutazione delle attività volte al benessere dei lavoratori è necessario includere sia fattori di rischio fisico (come spazi di lavoro non adeguati), sia fattori di rischio psicosociale (relativi, ad esempio, all’inadeguatezza dell’organizzazione del lavoro o della cultura aziendale per un determinato lavoratore).
Da questa definizione emerge quindi che il concetto di "felicità sul lavoro" presenta anche degli elementi legati alla soggettività di ciascun individuo. Ciascuno ha la propria idea di felicità e benessere, così come ognuno ha i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Pertanto, per quanto l’azienda possa adottare le buone pratiche suggerite dall’OMS, e per quanto sia innegabile che il datore di lavoro svolga un ruolo fondamentale – specie da un punto di vista legale – nella costruzione del benessere organizzativo, è importante considerare che anche collaboratori e manager hanno la propria dose di responsabilità. E che è solo con la collaborazione attiva di tutti che si può raggiungere il risultato sperato.
Una responsabilità condivisa
Azienda, dipendenti, dirigenti: ciascuno di loro ha un ruolo da svolgere. La salute e il benessere sul lavoro sono sia un'iniziativa organizzativa presa dal datore di lavoro, dal dipartimento HR e – a livello di team – dai manager, sia un'iniziativa personale e individuale presa dai dipendenti stessi. Ma qual è il ruolo di ognuno?
Le responsabilità dell’azienda
Gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono regolamentati dall’articolo 18 del D.Lgs. 81/08, o Testo Unico sulla Salute e sicurezza sul Lavoro (TUSL), che al punto c) chiarisce che il datore di lavoro e i dirigenti “nell’affidare i compiti ai lavoratori, devono tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”.Inoltre, l’articolo specifica l’elenco delle attività che questi devono mettere in pratica allo scopo di prevenire i rischi e garantire il benessere dei propri dipendenti.Ma oltre agli obblighi imposti dal quadro legale, ci sono molte cose che un'azienda, e in particolare il dipartimento HR, può fare per promuovere la felicità sul lavoro. Già a partire dal colloquio di assunzione, è essenziale assicurarsi che il candidato abbia sia le competenze necessarie che valori e mentalità in linea con la cultura aziendale. Per poi proseguire con un’offerta di corsi di formazione personale e professionale per incentivare l’apprendimento costante e lo sviluppo di nuove competenze, programmi dedicati alla salute fisica e mentale, e una cultura aperta al dialogo e alla condivisione, in cui i dipendenti si sentano sempre allineati su obiettivi e difficoltà dell’azienda e possano a loro volta condividere idee ed eventuali preoccupazioni.
Inoltre, è importante tener conto del fatto che in questo periodo, caratterizzato da distanziamento sociale e trasformazione digitale, il senso di isolamento è un problema sempre più comune. E che l’azienda ha un ruolo fondamentale in questo: secondo ilreport “Secure your future people experience” di PWC, infatti, è proprio il datore di lavoro a doversi impegnare per creare e mantenere legami sociali tra i propri collaboratori e rafforzarne la resilienza.
Lo stesso vale per l'autonomia lasciata ai dipendenti. Infatti, secondo lo studio di PWC, una sensazione di impotenza sul lavoro può causare malessere e risultare dannosa per la motivazione e la creatività. In particolare, nel report si sottolinea l'importanza di muoversi verso una cultura aziendale che dia più potere ai singoli membri di un’azienda, così da migliorare il benessere, la produttività, la soddisfazione sul lavoro e l'impegno.
Le responsabilità dei dipendenti
L’azienda non è l'unica responsabile della felicità sul lavoro. Anche il dipendente ha un ruolo attivo da svolgere nella costruzione del proprio benessere, lavorando su attitudine e motivazione. Ma come aiutare i propri dipendenti a sentirsi più felici e motivati? Un ottimo punto di partenza è permettere a ciascuno di conoscere meglio se stesso, i propri talenti e le proprie potenzialità, così da comprendere se le mansioni svolte rappresentano uno stimolo o una fonte di ansia e individuare le migliori competenze da sviluppare per sfruttare al massimo il proprio potenziale. A questo scopo, può rivelarsi prezioso l’aiuto del management e del team HR, che possono guidare i singoli professionisti nella creazione del proprio piano di sviluppo. Una volta individuati bisogni e aspirazioni (il GoodScan di GoodHabitz può essere un ottimo alleato per ottenere queste informazioni), spetterà a ciascun dipendente occuparsi della propria formazione, facendosi guidare dalla propria motivazione intrinseca.
E per quanto riguarda la passione per il proprio lavoro? Anche in questo caso, per quanto spetti all’azienda e al team HR creare un ambiente positivo e coinvolgente, è il dipendente che deve appassionarsi a ciò che fa, approfittare dell'autonomia offerta, andare al lavoro con il sorriso, essere più ottimista e prendersi cura della propria salute anche durante le ore lavorative.
Le responsabilità dei manager
Accanto ai ruoli svolti dall’azienda e dai dipendenti nella costruzione del benessere aziendale, vi è un terzo protagonista importante in questo processo: il manager. Quest’ultimo è un anello essenziale per la felicità dei propri collaboratori, ai quali deve dimostrare comprensione, interesse e riconoscimento, e nei quali deve riuscire a riconoscere gli eventuali segni di affaticamento e demotivazione. Inoltre, per promuovere il coinvolgimento e la motivazione, è importante che il manager mostri la propria passione per il lavoro svolto e si ponga come ambassador di una cultura aziendale volta all’innovazione, alla crescita e allo sviluppo personale. A questo scopo, la lista di GoodHabitz con 5 consigli per diventare un leader a prova di futuro può aiutare a tenere sempre bene a mente i pilastri di un management pronto ad accogliere le sfide e gestire al meglio il proprio team anche in situazioni dinamiche e complesse come quelle che viviamo oggi.
Alla luce di quanto analizzato, si può dire che la chiave per raggiungere il benessere organizzativo sia una ripartizione delle responsabilità – sebbene con pesi e misure differenti – e una costante collaborazione. Questo consentirà a tutti di trarre importanti benefici come un ambiente di lavoro sano, sviluppo personale, un employer branding più forte, produttività, creatività e divertimento.
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